Gli scrittori rileggono gli anni di piombo

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08.05.04
Corriere della sera
Gli scrittori rileggono gli anni di piombo – Cinzia Fiori

TORINO – Domani ricorre l’anniversario del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro. Giampaolo Spinato in Amici e nemici (Fazi) affronta quella tragica vicenda, riuscendo a trasporla per la prima volta in vera letteratura. Ma non è l’unico autore che quest’anno ha pubblicato un romanzo sugli anni di piombo. Ne hanno scritto Gian Mario Villalta ( Tuo figlio , Mondadori), Luca Doninelli ( Tornavamo dal mare , Garzanti) e Giuseppe Culicchia ( Nel paese delle meraviglie , Garzanti). Ora esce da Fazi Io non scordo di Gabriele Marconi, ex militante di Terza posizione che, dal punto di vista di chi viene dalla destra estrema, racconta anche lui di quel periodo. In Italia una simile fioritura è senza precedenti. Perciò ieri la Fiera del libro ha preso spunto dall’uscita di Marconi per dedicare al nuovo fenomeno narrativo un convegno cui hanno partecipato (eccetto Villalta) tutti gli autori sopra citati. Spinato prova a fornire le ragioni di questo spontaneo risveglio d’interesse: «C’è un tempo naturale per la sedimentazione dei traumi. In questo caso, parliamo di un trauma vissuto come una tragedia personale da chi era giovane durante gli anni di piombo. Da parte degli scrittori c’è stata una maturazione che ora preme contro le logiche del potere, per attraversare quel periodo in senso finalmente compiuto. Cogliere quell’impasto di enorme dolore richiede la capacità di guardare fino in fondo agli eventi. E’ un compito che io rivendico alla letteratura: l’unico strumento capace di fare un passo indietro rispetto alle ideologie e alle mezze verità, assumendo, invece, l’integralità dell’accaduto». Nella rivendicazione dell’arte come luogo di trasformazione degli universi mentali ed emotivi di un paio di generazioni, Spinato reclama alla letteratura ciò che finora era stato appannaggio delle scritture di testimonianza, delle analisi giornalistiche, del lavoro di magistrati e politici. «Con Marconi – spiega – siamo ancora nell’ambito della testimonianza, che è molto importante. Non affronta però il problema dei desideri indotti. Siamo abituati a considerare desiderio ciò che esiste per essere soddisfatto immediatamente. Secondo questa modalità, anche la rabbia e la frustrazione vanno espresse subito, magari sfociando in atti di terrorismo. Chi invece si ferma per chiedersi come la rabbia e il desiderio di agire sorgano, chi di quella rabbia e di quel desiderio analizza la natura incomincia a compiere un lavoro letterario». Il suo è un percorso narrativo di rilettura generazionale: dagli anni ’60 in Il cuore rovesciato (Mondadori), passando per Di qua e di là dal cielo (Mondadori) per giungere agli anni di piombo. Guardando agli altri autori che hanno scritto su quel periodo, aggiunge: «Forse, come me, vi sono arrivati anche perché l’attualità dell’ultimo decennio continua a porci domande che hanno radici negli anni di piombo. Intendo, per esempio: l’incompiuta trasformazione da prima a seconda Repubblica, le frange del terrore che sono ricomparse. Anche nel dramma degli ostaggi, non si può non notare come i comportamenti siano vicini a quelli degli anni in questione. Scriverne assume allora anche un valore civile».

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